Alla recente Festa Nazionale dell’Unità in Emilia Romagna, ho avuto modo di seguire il dibattito politico che anche in Italia, come nel resto del mondo sta impattando sulla società: quello sull’Intelligenza Artificiale.
La prima impressione che purtroppo viene alla mente é sempre la solita che non ci rende per il momento competitivi con gli altri Paesi: la conoscenza.
L’idea da uditore infatti è sempre quella di vedere persone, la nostra classe dirigente, quindi la nostra società, aver dormito per circa 30 anni ed essersi svegliati a fine 2022 con il lancio di Chat-GPT. Questo meccanismo non funziona, altrove c’è gente che in questi anni ha studiato e Paesi che sono progrediti.
All’Italia mancano proprio le basi. Comprendere che l’IA non sia nata due anni fa è fondamentale per creare una società consapevole. La consapevolezza ci regala la ricchezza più importante: essere liberi.
Tutto questo emerge da una visione generale di qualsiasi dibattito pubblico tra IA e politica. La mancanza delle basi è supportata per esempio dal carente interesse verso i dati dei cittadini. Questo argomento dovrebbe primeggiare sul dibattito politico, anche per il mantenimento del tessuto democratico.
Pensare che siamo circondati da soluzioni e piattaforme libere, solo perché non ci fanno pagare una bolletta mensile, per utilizzarla, è un errore enorme che distorce la consapevolezza.
Dovremo invece sempre di più ripetere (e insegnare fin dalle scuole) che la moneta siamo noi: i nostri dati sono la bolletta mensile, che paghiamo anche molto cara.
Altrimenti l’economia tecnologica mondiale non sarebbe ripartito in una ventina di azienda abnormi. Niente è gratis nel mondo che siamo abituati a vedere nella quotidianità. Sarebbe invece essenziale un approccio a questa era della tecnologia (dell’intelligenza artificiale appunto), verso la formazione del cittadino alla consapevolezza sul valore dei propri dati.
Ci sono alternative e casi d’uso veramente importanti da questo punto di vista in altri paesi, che prediligono il free software come base per l’innovazione, non lesivi della dignità delle persone e rispettosi dei dati personali.
Tornando all’inizio di questo post, questo argomento non è nato con l’IA, ma si è formato proprio negli ultimi trent’anni, quando noi (la nostra politica) stavamo dormendo perché nessuno urlava questi argomenti tanto da svegliarci. Tuttavia chi ha lavorato bene in questi anni, senza svegliarsi di soprassalto con ChatGPT, oggi ha un vantaggio competitivo in innovazione (perché conosce) e nella tenuta democratica delle libertà individuali.
Noi (l’Italia e molti Paesi in generale) ci stiamo interessando unicamente a normare le piattaforme così come ci vengono presentate, senza alcuna formazione critica dei nostri cittadini, per esempio parlando loro di quanto sia pericoloso vendere le nostre vite (apparentemente gratis) in tema di dati.
La nostra industria verrà unicamente assorbita e fagocitata dai soliti pochi giganti tecnologici che continueranno sempre ad essere più grandi. Diamo loro invece gli strumenti, le norme e gli esempi statali per adottare soluzioni alternative, open source, free software, a partire dal pubblico: adottiamo soluzioni e piattaforme aperte, senza demonizzare le Big Tech, ma neppure diventandone schiavi fedeli.
La Svizzera lo ha fatto anche di recente, perché hanno maturato in questi anni, le competenze critiche, per farlo. Sono molto vicini a noi, ma evidentemente anche molto lontani. Obbligatorio infatti nella loro PA, utilizzare unicamente soluzioni open source. Un grande passo avanti nella sovranità e nel rispetto dei dati personali dei cittadini.
Si può fare, basta saperlo e volerlo fare. Il mercato dei dati è l’oro di questi anni e noi siamo attori protagonisti che lo alimentiamo, per altri, senza però riuscire a beneficiarne. Grave e pericoloso.